Si muore più di arresto cardiaco improvviso che di incidenti stradali: per quello è necessario promuovere e favorire l’installazione di defibrillatori in tutta Italia”. Il grido d’allarme è di Maurizio Cecchini, cardiologo e docente dell’Università di Pisa in cardiologia pediatrica e andrologia. Numeri importanti, come dimostrano i 70.000 decessi l’anno (200 al giorno, uno ogni 8 minuti), di cui negli ultimi 6 anni in Italia sono 600 al di sotto dei 18 anni”.

Eppure si parla di morti da incidenti stradali…

“Siamo pieni di informazioni che sensibilizzano ad usare le cinture ad esempio, eppure le morti di incidenti stradali sono 5000 l’anno, quelli di droga meno di 200, di Aids 400, e di incendi? Meno di 1550. Eppure siamo pieni di estintori”.

Dunque lei crede che sia necessario dotare ogni edificio di defibrillatori?

“Credo che sia una misura necessaria. E’ una battaglia sociale contro l’ignoranza, soprattutto dei medici, e lo dico io che ne faccio parte. Paradossalmente ho ricevuto più attenzione dalla gente comune e sono riuscito a far di Pisa una delle città più cardio protette d’Italia, ho formato più di 10.000 persone e installato 394 defibrillatori in 10 anni. Senza tralasciare i corsi di formazione gratuiti: perché bisogna insegnare alle persone come usarli, soprattutto togliendo la paura dell’utilizzo. Un defibrillatore è sicuro e salva tantissime vite umane”.

Quanto è importante la prevenzione?

“Per le morti improvvise poco o nulla. Le morti aritmiche, per definizione sono imprevedibili, e dunque è pressochè impossibile tentare di prevenirle. Certo, sull’ictus o sull’infarto conta, eccome. In genere però si tratta di cardiopatie congenite, pazienti che solitamente riescono a fare uno screening, ma la maggior parte no”.

Come mai oggi si parla sempre di più di problemi cardiaci e di morti da complicazioni di malattie al cuore?

“Viviamo in mezzo a sistemi di informazione molto più diffusi rispetto al passato, e oggi ne siamo più coscienti. Tempo fa nelle famiglie si diceva – ad esempio – che il nonno era morto nel sonno, oppure nel campo mentre lavorava. Oggi il numero di decessi di questo tipo non è aumentato, ma è solo aumentata la percezione. Se vede a vedere le immagini di atleti deceduti durante una gara, questi non muoiono mai durante lo sforzo, ma a palla ferma, mentre non corrono. E’ vero che lo stress non faccia bene, ma si muore anche per caso. Ci sono farmaci che favoriscono la comparsa di aritmia”.

Esiste dunque anche un rischio per chi fa lo sport? Ma non dovrebbe essere tutta salute?

“Far sport fa bene, ma farne troppo no. Sfatiamo un luogo comune: facendo molto sport si ha la cosiddetta ipetrofia del ventricolo sinistro. Vi chiedo, ma quanti scacchisti o giocatori di bridge sono morti? Forse uno o due. Quanti giocatori di calcio sono morti? La verità è che non esiste nessun campione a livello professionistico di sport molto atletici che campi 90 anni, mentre ci riesce il contadino che fa una fatica quotidiana”

Come mai si è avvalso della collaborazione di Simona Buono?

“Lei ha visto la mia attività sul sito, cecchinicuori, che ha 700mila visitatori, con risultati eccellenti che parlano di sopravvivenza da defibrillatori nel 66.4% dei casi. Mi ha colpito perché è una persona attiva e preparata sulla defibrillazione, e ha notevoli capacità commerciali. Io mi sono sempre sentito distante dal mercato dei defibrillatori, però quando ci sono persone valide ci si tiene in contatto”.